Riceviamo e pubblichiamo il contributo dell’amico e collaboratore Manuel Granata
Il gelido vento taglia la tensione e sferza le membra degli astanti. Un solo uomo sul palco. Sguardo fiero e concentrato. Quel genere di sguardo che, tra attesa e paura, lascia a bocca aperta. E infine gli altri, in un silenzio interrotto da qualche flebile colpo di tosse, aspettano la prossima mossa ai piedi del palco. Ecco come si presenta il 2015 agli occhi di Vladimir Putin.
Dopo un 2014 che l’ha visto protagonista indiscusso delle cronache politiche internazionali per tutto l’arco dei 12 mesi; il 2015 per il presidente russo si presenta come l’anno delle risposte. Il momento di tirare le somme e portare a casa i risultati di mesi di prove di forza -diplomatiche e non-. Tralasciando le Olimpiadi invernali di Sochi, con cui ha aperto il suo personalissimo 2014 -in cui ha conseguito sia il titolo di runner-up per il personaggio dell’anno del Time, che l’Oscar come cattivo dell’anno-, la scrivania di Putin è carica di conti in sospeso e partite aperte. A partire dall’annosa questione ucraina.
La partita su ciò che nella patria di Pietro il Grande è considerata la periferia russa -Ucraina deriva dal russo “okraina”, periferia appunto- si continuerà a giocare sia sul piano diplomatico -attraverso ulteriori sanzioni economiche- che sul piano militare. Sotto quest’ultimo frangente i cambiamenti in vista sembrano ridottissimi, in quanto la battaglia continuerà tra ribelli filo-russi ed esercito ucraino. Se, infatti, in questi ultimi 365 giorni e, i governi di Stati Uniti e dei paesi della Comunità Europea non sono intervenuti in maniera sostanziale, perché dovrebbero farlo ora? La situazione di stallo creatasi avvantaggia sia Putin, che ufficiosamente controlla alcune zone del territorio a metà tra Europa e Russia, sia i governi occidentali, i quali non saranno costretti a sporcarsi eccessivamente le mani. Sul fronte economico la partita appare decisamente diversa.
Il revival da Guerra Fredda non è certamente piaciuto ai mercati internazionali, che, complice una contemporanea e vertiginosa discesa del prezzo del petrolio, hanno abbattuto sul finale del 2014 la loro scure “sull’orso russo” (citando proprio Putin) con dei vertiginosi cambi tra il rublo e le maggiori valute mondiali. Negozi online esteri (come amazon.com; e apple store) bloccati per giorni e concessionari automobilistici esteri costretti a bloccare le vendite sul suolo russo, hanno costretto Putin ad ammettere il profilarsi di una mini crisi da cui in ogni caso “la Russia potrà risollevarsi entro un paio d’anni” (sempre secondo l’ex KGB). Le sanzioni sia made in USA che di provenienza UE hanno, poi, costretto Putin a correre ai ripari da eventuali ferite troppo profonde per l’economia russa. La mossa però è stata calcolata per tempo. Sotto la minaccia -rivelatasi poi infondata- da parte europea di tagliare i rifornimenti di gas russo, Putin nei mesi scorsi si è affrettato a raggiungere accordi in direzione energetica con un partner strategico: la Cina. Questi accordi -come molti altri- sono una parziale valvola di sfogo economica qualora la frammentata politica estera di Bruxelles dovesse passare all’azione. Cosa che, peraltro, sembra molto lontana dall’accadere; il fatto che l’UE ad inizio autunno abbia pagato parte del “riscatto” chiesto da Mosca per fornire il gas per l’inverno all’Ucraina ne è la dimostrazione. L’ accaduto riconferma inoltre l’acume tattico di Putin, che con la richiesta del pagamento immediato della somma agli Ucraini ha tolto loro molte risorse economiche che avrebbero finanziato l’esercito nell’azione militare contro i filorussi ed ha, dunque, garantito un vantaggio proprio a quest’ultimi.
In ultima analisi, nonostante sia stato cacciato dal G8, si sia allontanato dall’ultimo G20 in Australia (anche questa questione resta aperta, che fa? Lascia anche qui o resta?) e a migliaia di kilometri da Mosca si stiano tenendo le prove tecniche di abbattimento del muro ideologico tra comunismo e consumismo/capitalismo, anche quest’anno Vladimir Putin -che sia invitato o meno- sarà il protagonista della politica internazionale. Resta solo da decidere se nel bene o nel male.
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