Un soffio che apre il respiro. E’ lo sguardo che guarda lontano. E’ la parola che alza speranza. E’ la critica al servizio della giustizia.
Dopo il terribile episodio parigino, i leader europei e occidentali hanno marciato stretti l’uno all’altro. Fratelli di un sentire ideale che pensiamo ci tenga lontani da fanatismi e ideologie.”Je suis Charlie” scritto in bianco su fondo nero credo sia diventato la foto del profilo Facebook dell’anno. Quasi tutti siamo stati Charlie almeno per un’ora.
A Parigi si. Ma a Jenin non ci va nessuno.
Mi domando, leggendo questa notizia, cosa abbia a che fare la libertà di pensiero e parola con la cancellazione di una mostra in memoria della Shoah.
La causa: l’aver creato un collegamento simbolico fra la situazione dei bambini ebrei di allora e i bambini palestinesi di oggi.
I volti dei primi nel campo di concentramento di Terezin e i volti dei bambini del campo profughi Jenin. Due situazioni che – nella idea della ideatrice della mostra – testimoniano un’unica grande tragedia: i diritti negati. E i disegni poi. I disegni di anime innocenti che raccontano un’altra grande verità: i bambini, ebrei e palestinesi, hanno gli stessi sogni.
Non si può mai parlare della situazione palestinese. Né criticare Israele. La solita logica del tifo da stadio ci distingue in “anti-semiti” e “sionisti”. Come se fosse tutto così semplice, limpido, facile. O sei con me o contro di me.
“… si sarebbe corso il rischio di fare mal informazione e confusione su due piani storici e di consistenza differenti.” sostiene l’Assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano.
Ci è stato detto che la Giornata della Memoria è stata istituita per ricordare uno dei crimini più grandi della storia. Perché non avvenga mai più.
Mi domando cosa non debba avvenire mai più. Che un intero popolo sia tenuto prigioniero, in condizioni penose, eliminato per motivazioni razziali, religiose, politiche?
Oppure che nessuno mai possa non dico usare violenza – mi concederete di assumere per dato il mio ripudio per essa – ma anche solo alzare la voce contro le politiche messe in atto dall’attuale governo Israeliano?
E’ come se – bloccata da una ferita che non si rimargina mai – l’Europa faccia iniziare e finire tutto lì. Nell’istante di un evento funesto accaduto ben 74 anni fa. Quasi un secolo.
Non c’è alito di vento, nè orizzonte aperto. La parola è mozzata e la critica viene spenta.
Nessuna ragione laica in nome della quale discutere ai tavoli dei trattati. Lasci o raddoppi. Vivi o muori. Questa logica binaria non concede scampo.
E la complessità delle moderne democrazie vi muore.
Libertà.
Articolo di Serena Taurino.
Recent Comments