Da qualche settimana è disponibile nelle librerie italiane una bella edizione del romanzo grafico Sin Título di Cameron Stewart: un libro davvero interessante che non ha mancato di suscitare la mia attenzione (e di mettere in pericolo il mio portafogli). L’autore canadese, già noto nel mondo del fumetto americano per la sua collaborazione a serie importanti come la Catwoman di Ed Brubaker e il Batman e Robin di Grant Morrison, ha iniziato questo progetto nel lontano 2007, pubblicando progressivamente le tavole su un apposito sito internet. Il fumetto, liberamente accessibile, è così cresciuto sotto gli occhi dei lettori fino al compimento definitivo. Baciata da un ottimo successo di critica e di pubblico, l’opera è stata insignita di vari premi, tra cui il prestigioso Eisner Award 2010 come “Best Digital Comic”. Nonostante la pubblicazione su carta, Sin Título è ancora interamente leggibile online.
Almeno in origine, quindi, Sin Título era uno dei tanti esempi di web-comic – cioè lavori grafici pubblicati esclusivamente online – che si sono moltiplicati negli ultimi anni. Le nuove tecnologie hanno permesso a chiunque di mettere a disposizione del pubblico le proprie realizzazioni, ma la grande abbondanza dell’offerta, peraltro non sempre di alta qualità, ha fatto sì che solo un numero esiguo di autori si sia veramente giovato di questa forma di distribuzione, sia a livello di notorietà, sia a livello economico. Per fare un esempio eclatante di successo nato dalla pubblicazione sul web si può ricordare l’americano Scott McCloud, sempre attivissimo (e lodatissimo) con i suoi lavori tra il teorico e lo sperimentale. In Italia, non si può fare a meno di citare Zerocalcare, che deve molta della sua fama al blog avviato nel 2011.
Cameron Stewart fa parte del ristrettissimo gruppo di autori che sono riusciti ad emergere, e aggiungerei con merito, dal mare magnum di internet. Il graphic novel ha infatti il potere di coinvolgere immediatamente il lettore e di tenerne sempre alta l’attenzione grazie ai continui colpi di scena. Il protagonista è Alex Mackay, un uomo che vive una vita monotona e insignificante, almeno fino alla scoperta della morte del nonno, avvenuta tempo prima ma mai notificata al nipote. Da questo fatto e dal conseguente ritrovamento di una fotografia che ritrae il defunto con una donna sconosciuta ha inizio una spirale inarrestabile di avvenimenti inspiegabili e di rivelazioni sconcertanti. Forse proprio per allontanarsi dalla propria deludente esistenza, Alex si tuffa a capofitto negli enigmi che emergono uno dopo l’altro, trascurando del tutto le sue attività quotidiane e trovandosi, in breve, senza più un lavoro né una compagna. Le nuove ed inaspettate avventure, che prendono presto una piega violenta e drammatica, costringono il protagonista a ripensare al proprio passato e alle scelte, spesso sbagliate, che lo hanno contraddistinto. All’assoluta chiarezza del tratto si contrappone l’oscurità della trama: la continua alternanza tra realtà e allucinazione fa presto perdere ogni certezza tanto ad Alex quanto al lettore. Non mancano alcune parentesi pienamente filosofiche, in cui vengono discusse questioni sempre attuali, come la differenza tra creazione e imitazione.
La struttura del fumetto è fortemente cinematografica: ogni pagina è suddivisa in una griglia di otto vignette delle stesse dimensioni, come in un rigoroso storyboard. La storia ha l’impianto di un film d’azione e di mistero, in cui più si prosegue e più si è mossi dal desiderio di sapere come finirà. Ed è forse proprio il finale a costituire il punto debole di tutta l’operazione: dopo molte pagine di piacevolissima tensione, la soluzione della vicenda appare un po’ debole, anche se non priva di fascino. I paragoni tra il fumetto di Stewart e i film di David Lynch si sono sprecati, tuttavia mi pare che proprio il finale troppo esplicativo costituisca la differenza principale con il modello: il regista americano, infatti, non fornisce mai un chiarimento definitivo sugli enigmi di cui le sue pellicole sono disseminate, lasciando sempre aperto uno spazio di ambiguità. Qui invece compare un personaggio (non dico chi sia, niente spoiler) che, quasi svolgendo la funzione di deus ex machina, svela il segreto che ha mosso tutta la storia, escludendo di fatto ogni spiegazione alternativa.
Al di là di questo difetto – che per altri lettori potrebbe benissimo essere invece un pregio – il giudizio su Sin Título è certamente positivo: l’opera merita almeno una lettura, tanto più che è gratis!
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