Venite a scuola solo per prostituirvi. Quindi cosa ci fate ancora qui, a scuola? È il 14 aprile a Chibok, una piccola cittadina nella provincia di Borno, nel nord-est della Nigeria. A parlare sono i guerriglieri di Boko Haram alle oltre 200 studentesse appena prese in ostaggio. Oggigiorno non si sa molto di più sulla loro sorte, solo che alcune coraggiose – circa una quarantina – sono riuscite a scappare saltando dai camion dove erano state caricate per essere portate chissà dove ed essere oggetto di chissà quale destino. “Le venderemo e le faremo sposare” ha candidamente osservato il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau. Come una macchina nuova da vendere al miglior offerente. Una macchina da figli. Shekau e il suo gruppo concepiscono unicamente la figura femminile come dedita ai lavori di casa e all’allevamento dei figli e rigettano pertanto ogni forma di istruzione femminile e più in senso lato ogni tipo di educazione occidentale. In questo caso – avrebbero detto gli antichi romani – nomen omen: Boko sta per “istruzione occidentale” e haram per “proibita” in lingua Hausa, il dialetto nigeriano più diffuso.
Obiettivo dichiarato del gruppo terroristico è sradicare l’educazione di tipo occidentale introdotta nel paese con l’arrivo degli inglesi nel 1903, sfruttando un sentimento popolare che spesso la vede connessa non solo con il ricordo – negativo – del passato coloniale ma anche con l’immagine del governo di Goodluck Jonathan, in preda alla corruzione. Alla corruzione si aggiunge la povertà del nord del paese, lontano dai ricchi giacimenti di petrolio del sud e l’ignoranza diffusa. Povertà che viene sfruttata dai terroristi come base per l’arruolamento di volontari kamikaze: alle famiglie dei kamikaze viene infatti accordato un congruo compenso per l’atto di eroismo del loro congiunto. Non ultimi sono i raccapriccianti episodi di bambine kamikaze nei mercati di Maiduguri e Posko, nella provincia di Borno.
Sin dalla sua nascita nel 2002 con l’ex leader (defunto nel 2009) Muhammad Yusuf, il gruppo ha promosso lo studio nelle scuole coraniche come forma unica di istruzione e limitata ai bambini di sesso maschile. Oltre all’istruzione coranica unica, due sono gli altri punti fondamentali del programma del gruppo: il rispetto della Shari’a come unica forma di regolazione giuridica e la fondazione di un califfato islamico. Dal 2009, con la morte di Yusuf e l’avvento di Shekau si è avuto una progressiva escalation violenta nella strategia di condotta del gruppo, in precedenza avvezzo ad azioni prevalentemente di guerriglia. Ora il modus operandi è completamente diverso: le diverse cellule, fortemente autonome tra loro e decentrate rispetto al comando centrale, operano non solo mediante l’estensione delle classiche tattiche di guerriglia come la hit-and-run (mordi e fuggi) su vasta scala, ma anche tramite l’uso di IED (Improvised Explosive Devices) contro obiettivi sia civili che militari, ordigni esplosivi improvvisati, rapimenti di massa finalizzati al pagamento di un riscatto, attentati kamikaze. L’epicentro di questa carneficina è la provincia nord-orientale di Borno, al confine con Ciad, Camerun e Niger, dove nei primi giorni di gennaio si è registrata una spietata operazione di pulizia etnica nei pressi del lago Ciad, in particolare nella città di Baga, con oltre 2000 morti secondo le fonti non ufficiali. Tantomeno lascia illusioni sul prosieguo della strategia del terrore il fatto che gli uomini di Abubakar Shekau abbiano rilasciato di 28 degli 80 ostaggi fra donne e bambini rapiti lo scorso 15 gennaio.
I dati dell’offensiva di Boko Haram sono eloquenti: oltre 3.300 morti lo scorso anno solare, 2.000 solo con la strage di Baga all’inizio dell’anno solare, famiglie distrutte e disperse, studenti trucidati nei dormitori come a Buni Yaga, sempre nella provincia di Borno,crollo delle iscrizioni alle scuole nella provincia (da 24 000 a 5 000 iscritti) e più di cento istituti chiusi per timore di atti violenti. L’emergenza è totale, dal campo umanitario, con migliaia di profughi in fuga verso i vicini Camerun, Niger e Ciad. Il governo nigeriano sembra invece fin troppo tranquillo e fiducioso a riguardo della questione, forse si sta preoccupando maggiormente per la salvaguardia dalla violenza delle prossime elezioni, in programma il prossimo 14 febbraio. Ma se i bambini nigeriani verranno lasciati a se stessi, indifesi non solo dalle truppe ma dalla prospettiva di una educazione che atrofizzi i loro neuroni ripetendo acriticamente versi del Corano senza formarsi una coscienza pensante, non ci sarà da sorprendersi della continua proliferazione di movimenti come Boko Haram, che hanno nella povertà, nella paura e nell’ignoranza i loro migliori amici.
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