«Espressione guerriera della millenaria stirpe sabauda, guidò con sicura fede ed incrollabile tenacia la « Invitta Armata » in undici battaglie sull’Isonzo, in quelle gloriose sul fiume sacro e nel travolgente inseguimento che portò il tricolore là ove il suo Re aveva fissato. Sublime esempio di costante valore fra i suoi valorosi soldati. 24 maggio 1915 – 4 novembre 1918.»
Quando Amedeo di Savoia, figlio minore del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, sposa la nobildonna Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, gli auspici non sono dei migliori. Tutta una serie di eventi tragici funesta le nozze, da una serie di suicidi all’investimento mortale da parte di una carrozza del marito della Contessa di Castiglione. Tuttavia, la discendenza di questa unione, nonostante varie traversie e sfortune sarebbe cresciuta fino ad eclissare, e infine sostituire, la linea regia.
Il primogenito, Emanuele Filiberto, nasce il 13 gennaio 1869 a Genova. Gli viene attribuito il nome di un antenato glorioso: l’eroico Testa di Ferro che, guidando l’armata imperiale alla vittoria a San Quintino (1557), aveva riconquistato il suo Ducato all’occupante francese.
Di lì a poco, inaspettatamente, il frugoletto diventa Infante di Spagna, dopo che il padre è chiamato a regnare sul trono spagnolo, all’epoca vacante, in seguito alla destituzione di Isabella II di Borbone-Spagna. Tuttavia, la nazione iberica è un campo minato, dove i miliziani carlisti restano irrequieti e la colonia di Cuba è in piena insurrezione, mentre politici e generali si contendono il potere. A febbraio 1873, dopo poco più di due anni, a seguito di un attentato, Re Amedeo getta la spugna e abdica. Non vuole rischiare la vita per imporre il suo regno a un popolo straniero.
Egli muore all’età di 45 anni, lasciando al figlio ventunenne solo il titolo di Duca d’Aosta. Emanuele Filiberto viaggia, e in Inghilterra si sposa con Elena di Francia, della linea d’Orléans, da cui nascono i figli Amedeo (1898) e Aimone (1900). Nel 1905, come i suoi fratelli, intraprende la carriera militare nel Regio Esercito, come da tradizione famigliare, con il grado di Capitano. Allo scoppio della Grande Guerra, gli è affidato il comando della Terza Armata, schierata sul medio Isonzo.
Le sue forze si dissanguano senza tregua, cercando di sfondare le linee nemiche. Infine, nell’agosto del 1916, alla Sesta Offensiva, le truppe italiane entrano vittoriose in Gorizia liberata. Dopo altre cinque offensive e centinaia di migliaia di perdite, l’esercito austriaco teme di non reggere ancora a lungo. Con l’aiuto decisivo dei Tedeschi, Vienna lancia un’ultima offensiva, al fine di mettere gli Italiani fuori combattimento. La sconfitta di Caporetto si trasforma presto in una rotta generale, ma non per la Terza Armata che, sotto il comando del Duca, ripiega in buon ordine, e si attesta dietro il Piave, senza essere stata sconfitta.
Nasce così il mito del Duca Invitto, eppure il Comando Supremo gli viene rifiutato. Per il piccolo monarca Vittorio Emanuele III, infatti, i cugini Aosta – alti, atletici, avventurosi, ma soprattutto ampiamente popolari – costituiscono oggetto d’invidia e di preoccupazione. In sua vece, è nominato Armando Diaz, uno dei suoi sottoposti. Nondimeno, la Terza Armata continua a coprirsi di gloria nella successiva parabola dal Piave a Vittorio Veneto.
Dopo la Guerra, guarda con favore all’ascesa del fascismo. L’ambizioso Duca spera di ascendere al Trono, in caso di deposizione del Re da parte di Mussolini. Avverrà, invece, il contrario, ma Emanuele Filiberto non vivrà tanto da vedere la nuova Guerra e le gesta del figlio primogenito. Muore il 4 luglio 1931, ed è sepolto, dietro sua richiesta, nel maestoso Sacrario di Redipuglia, in mezzo ai suoi generali e a centomila dei suoi soldati.
Recent Comments