Ahmad Shah nasce il 2 settembre 1953 a Bazarak, nella Valle del Panshir, situata nella parte nordorientale dell’Afghanistan. È figlio di un Colonnello dell’Esercito Reale Afgano, di etnia tagica e religione musulmana sunnita. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Kabul, dove frequenta il Liceo francese e studia ingegneria all’Università.
Nell’ambiente universitario, inizia a militare nell’Organizzazione della Gioventù Musulmana (Sazman-i Jawanan i-Musulman), a sua volta ramo studentesco della Società Islamica (Jamiat-e Islami), che si oppone all’influenza sovietica e comunista sul governo. Assume in queste circostanze il nome di battaglia di Massoud. Presto (1975), con la scissione del movimento islamista tra gli estremisti del Partito Islamico (Hezb-i Islami) di Gulbuddin Hekmatyar e i moderati, diventa un esponente di spicco di questi ultimi.
Nel 1978, il Partito Popolare Democratico dell’Afghanistan prende il potere con un colpo di stato militare e comincia ad imporre un regime comunista e a massacrare oppositori e dissidenti. Entro un anno, ampia parte della popolazione, specie nelle regioni rurali, si rivolta in armi. Di fronte alla crisi militare – meno di metà delle forze armate resta fedele al governo –, questo chiama in soccorso l’Armata Rossa, che invade il Paese nel 1979.
Il 6 luglio, Massoud insorge nel Panshir contro l’occupante sovietico. Da quel momento, conduce una forte guerriglia contro le forze del governo e quelle straniere. La sua abilità come comandante guerrigliero, ispirato a Mao Zedong ed Ernesto Guevara, e il suo sostegno da parte della popolazione locale fanno sì che diventi presto una spina nel fianco per il nemico. A causa della sua forte indipendenza, riceve però ben poco sostegno sia dalla dirigenza del proprio partito, in esilio a Peshawar, in Pakistan, sia dagli Stati Uniti che, seguendo la Dottrina Reagan, stanno finanziando i mujaheddin islamisti per indebolire l’URSS. Tuttavia, riesce a rimanere imbattuto per ben dieci anni.
All’inizio del 1989, l’Armata Rossa si ritira dal Paese, ma il governo comunista guidato da Mohammad Najibullah continua a combattere, grazie al sostegno sovietico. Solo nel 1992, dopo il collasso dell’URSS, le divisioni interne si fanno sentire e buona parte delle forze armate si unisce ai ribelli, determinando il crollo del regime. Il 24 aprile, con gli accordi di Peshawar, viene istituita la Repubblica Islamica dell’Afghanistan, con Massoud come Ministro della Difesa e Hekmatyar come Primo Ministro. Quest’ultimo però rifiuta di firmare e, sempre con il sostegno diretto del Pakistan, muove guerra al resto della coalizione vittoriosa, bombardando Kabul.
A sua volta, la Repubblica Islamica è dilaniata dagli scontri tra le diverse milizie: in particolare, il Partito dell’Unità (Hezb-i Wahdat) di Abdul Ali Mazari, hazara sciita e filoiraniano, Ittihad i-Islami di Abdul Rasul Sayyaf, pashtun e wahabita filosaudita, e il Junbish-i Milli di Abdul Rashid Dostum, ex generale comunista di etnia uzbeca, sostenuto dall’Uzbekistan di Islam Karimov. Da tutte le parti, sono commessi crimini e atrocità, e persino Massoud ha difficoltà a controllare i suoi uomini, e ancor più mantenere una parvenza d’unità nel governo.
Nel 1994, nel meridione a maggioranza Pashtun, esasperato dalla tirannia dei governatori provinciali e dai soprusi dei signori della guerra, prende il potere il nuovo movimento dei Taliban, che ottengono il sostegno pakistano e della “legione straniera” di mujaheddin reclutati da Osama Bin Laden negli anni ’80 per combattere i sovietici. Massoud combatte contro di loro, cercando di bloccare la loro avanzata.
Solo nel 1996, di fronte a questa minaccia, le varie fazioni riescono a formare un Fronte Unito (o “Alleanza del Nord”). Tuttavia, gli studenti coranici, approfittando dell’aiuto straniero e delle divisioni interne dei loro avversari, entrano in Kabul e completano man mano la conquista dei territori settentrionali. In questo frangente, Massoud resta l’unico comandante di spicco a rimanere nel Paese e a mantenere le sue posizioni, ossia la regione comprendente il natio Panshir. Al tempo stesso, continua a condurre negoziati con le varie fazioni, inclusi i talebani, per raggiungere la pace. Intanto, nell’area sotto il suo controllo, tutela i diritti delle donne e lavora per la formazione d’istituzioni progressive.
In questo periodo è importante notare come non riceva pressoché supporto dall’amministrazione Clinton. Solo India, Russia, Iran e Tagikistan forniscono qualche limitato aiuto, finché, nel 2001, con la Presidenza Bush, gli Stati Uniti tornano ad interessarsi all’Afghanistan. Nello stesso anno, di fronte al Parlamento Europeo, denuncia il sostegno di Pakistan e Arabia Saudita al regime talebano, oltre che al terrorismo islamista di stampo salafita e wahabita.
Tuttavia, il 9 settembre, poco prima dell’attentato alle Twin Towers, viene avvicinato con il pretesto di un’intervista e assassinato con una bomba da due terroristi islamisti, inviati plausibilmente da Al-Qaeda o dai servizi pakistani. Solo nei mesi successivi, grazie all’invasione statunitense, l’Alleanza del Nord prende il controllo del Paese e instaura un nuovo regime, il quale proclama Massoud Eroe Nazionale. I suoi fratelli partecipano ai nuovi governi di coalizione, ma il vuoto politico lasciato dal Leone del Panshir continua ad essere avvertito nel contesto di un Afghanistan instabile, militarmente occupato e lacerato dalle lotte intestine.
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