Un paio di settimane fa, sulla «Domenica del Sole 24 Ore», all’interno della rubrica Scarpe Strette, è stato proposto di redigere un dizionario degli italiani scomparsi, nel senso di dimenticati. Ma a guardar bene, e sono tanti i casi, fra cui quello di Telesio Interlandi (Il razzista di via delle Mercede), non parrebbe necessario morire, per venire avvolti dal manto dell’oblìo. Poi, certo, quando si muore l’opera è del tutto compiuta.
Di sicuro, una voce da proporre al curatore di questo ipotetico dizionario, che potremmo chiamare, sulla falsa riga di quello di Paolo Albani: “Dizionario degli italiani anomali”, è quella riguardante Federigo (Ghigo) Valli (1906 – 1971), giornalista, aviatore pluridecorato, direttore dell’Editrice Aeronautica, coautore del volume Il volo in Italia (1939), editore di cultura con le sue Edizioni di Documento fino al 1947 (dai mille nomi se pensiamo a l’alternanza di sigle editoriali), cineasta con il suo documentario sugli aviatori italiani nella guerra di Spagna (Los novios de la muerte, 1938), libraio e gallerista d’arte a Roma (con in logo una margherita, disegnata da Alberto Savinio), attore in un film di Fellini, e infine, ma stiamo solo sintetizzando, console in Australia, dove muore nel 1971 (per sfinimento, non c’è dubbio…) Ché la vita di Valli fu tutta un destino, dinamico e futurista.
Nato a Lugo di Romagna (come l’asso dell’aviazione italiana, Francesco Baracca), crebbe di fronte alla casa di un altro Francesco, Balilla Pratella, e più che di fronte, dentro, seduto in salotto. E Pratella, oltrecché genio della musica, fu fecondatore di futuristi… (Tanto per citarne un altro caso, fu lui a coltivare, con almeno 66 lettere inviate, dalla sua villa lughense, il baronetto Jannelli, pilastro del futurismo siciliano, eletto a spalla da Marinetti quando il giovanotto diede prova di coraggio sul treno Palermo – Messina, prendendo a cazzotti un “passatista” nel 1914).
Figlio e nipote di alcuni fra i più importanti viticoltori dell’epoca – e ne è conferma la visita di re Vittorio Emanuele III (episodio del maggio 1918 ricordato da Ugo Ojetti) – il nostro Ghigo Marinetti lo conobbe da giovanissimo e senza manco andarselo a cercare. E infatti se lo trovò a tavola, all’ora di pranzo, il 5 settembre 1920, a villa Giorgina, la villa dei Valli, che portava il nome della madre (Giorgina, appunto, la cui morte, nel 1925, diede vita a un elegante libretto voluto dal padre). Ma villa Giorgina venne demolita, e con essa il ricordo di Valli, come strappato dall’intonaco della storia.
Fu amico di Moravia, del quale pubblicò ben cinque prime edizioni nel biennio 1944-45 (ma dallo scrittore troppo presto dimenticato, se già prima del 1971 lo ricordava come un Carneade qualunque: «un certo Valli», proprietario di una piccola casa editrice «che si arrangiava come poteva»); di Alberto Savinio, che per le edizioni del Valli diresse la collana “Il viaggiatore e la sua ombra”, 1944, nella quale uscirono, come primo e ultimo titolo, i Venti racconti di Guy de Maupassant con Lui e l’Altro dello stesso direttore di collana. Di Vitaliano Brancati, del quale pubblica Il vecchio con gli stivali (collezione “La Giarrettiera”). E di Gabriele D’Annunzio (e non a caso al Vittoriale è rintracciabile un esemplare di Trullallà, libretto futurista del nostro Ghigo Valli, edito dal fratello Leo nel 1933, il quale aveva dato vita, nella stessa Lugo di Romagna, alle edizioni della Caveia). Ma a proposito di Savinio, il più grande scrittore fra le due guerre — così lo appellava Sciascia nella sua Scomparsa di Majorana e a lui chiedeva parere negli Atti relativi alla morte di Raymond Roussel: È proprio all’interno della collana “L’Orchidea. Collezione di rarità galanti del XIV-XV-XVI secolo” che è avvenuto il miracolo. Nel 1944, infatti, le Edizioni Documento pubblicano, Gli Stratagemmi d’amore del novellista senese quattrocentesco Gentile Sermini, corredate da ben quattro acqueforti, firmate e numerate da Savinio, le uniche, pare, che lo stesso avesse mai realizzato.
Ed è tutta questa storia, di vite e di libri, che il volume Federigo (Ghigo) Valli. Un protagonista rimosso dall’editoria italiana del novecento, pubblicato a ottobre dall’Editrice Biblohaus tenta di ricostruire. Il libro è dedicato a Gioia Sebastiani, la quale nel suo contributo Editori a Roma dopo la liberazione: le Edizioni Documento del 1998, ricostruisce un catalogo, sebbene perfettibile, delle edizioni di Valli.
Dopo i contributi dei tre autori, Antonio Castronuovo, Mauro Chiabrando e Massimo Gatta, troviamo la ristampa dell’unico testo letterario, a oggi conosciuto, prodotto del nostro protagonista rimosso, il già citato Trullallà, libretto rarissimo, a livello letterario collocabile fra futurismo e surrealismo, e che nella sua realizzazione libraria, risulta essere un vero e proprio gioiello librario. Illustrato con otto tavole di Diego Santambrogio sul quale, a seguire, troviamo un approfondimento di Paola Pallottino (che per intenderci oltre a essere una studiosa di illustrazioni ha scritto alcune fra le più belle canzoni di Lucio Dalla: da 4/3/1943 a Un uomo come me), Trullallà è un sogno nel suo decifrarsi. E come tale è anche ispirazione e incubo.
Al capitolo successivo, il lettore troverà una postilla di Massimo Gatta, il quale si sofferma, questa volta, sulla raffinata produzione lughense, considerando la storia degli stampatori Ferretti di Lugo e la stoffa della rilegatura “stampata a mano” dalla ditta Visini di Forlì. Fino all’utilissimo catalogo per immagini delle edizioni Documento relativo all’anno 1944, a cui segue un apparato iconografico.
Tutta un destino fu la vita di Federigo (Ghigo) Valli. Un destino impresso anche a livello tipografico se pensiamo alla marca editoriale delle sue edizioni: una mano latina che tiene l’orecchio. Quell’orecchio che noi abbiamo perduto da tempo.
Antonio Castronuovo — Mauro Chiabrando — Massimo Gatta, Federigo (Ghigo) Valli. Un protagonista rimosso dall’editoria italiana del novecento, Macerata, Biblohaus, 2015, pp. 263, ill., Euro 15.
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