Una legge della meccanica dice che per ogni azione vi è una reazione. In politica, o in tutto quello che le gira attorno, non è così. Dipende da molte cose. Dalle persone, dalle associazioni, anche dal tempo meteorologico. Quando qualcuno organizza un convegno, qualche volta, c’è chi reagisce, si mobilita, manifesta. Questa volta è successo, e forse c’era da aspettarselo.
Mentre Roberto Maroni, governatore della Lombardia, ospitava Mario Adinolfi, Costanza Miriano e il loro quotidiano La Croce a Milano per un convegno sulla Famiglia, un cordone di polizia e qualche camionetta dei carabinieri più in là era stata indetta la contro-manifestazione. Laica ed antifascista, così la si è definita. “I Sentinelli di Milano”, Pd, Rifondazione Comunista, SEL, Arcigay, UAAR, Circolo Milk. Più alcune altre sigle. Con un’accusa ben precisa ai tanti che, invece, si sono messi in fila per ascoltare la conferenza sulla famiglia: «siete omofobi».
Siamo allora andati anche noi tra il mondo arcobaleno per capire le ragioni che hanno spinto non più di un migliaio di persone ad opporsi a quello che, in fondo, era solo un libero convegno. «Siete omofobi», risuona, spesso, l’accusa.
Dal palco si alternano alcuni speaker, leggendo citazioni, storie, brani tratti dal film “Pride” sull’orgoglio omosessuale. In piazza c’è chi beve e chi parla di tutt’altro. La contrapposizione che si vuole evidenziare è tra un «mondo grigio, piatto, dove non c’è spazio per le diversità» e quello LGBT, aperto, libero, progredito. Sì, perché chi invece difende il valore della famiglia basata sul rapporto uomo-donna, chi enfatizza l’importanza della famiglia basata sul matrimonio ed aperta alla procreazione, chi chiede che venga difeso il diritto di ogni bambino ad avere un padre ed una madre è «bugiardo», «raccapricciante», «retrogrado». In effetti, sono due mondi, separati dalla polizia, che troveranno difficilmente un accordo. Probabilmente nemmeno mai un compromesso. Anche la piazza ne è certa. Perché dall’altra parte, seduti di fronte ad Adinolfi e Padre Maurizio Botta, ci sono gli «attentatori, i terroristi della libertà», i fautori di un «abominio» che si chiama “famiglia naturale”. Questi i termini. Questa la piazza contro Maroni, contro i cattolici (tanti) che hanno provato ad entrare nelle sale del Palazzo della Regione ma son dovuti rimanere fuori per mancanza di posto. Hanno libertà di espressione?, chiediamo alla piazza arcobaleno. «No, la loro opinione non è una opinione. È un’aggressione», ci risponde direttamente dal palco uno degli organizzatori.
Viene da chiedersi, allora, dove sia il limite. Quale varco non bisogna oltrepassare per rimanere all’interno della libera espressione del proprio pensiero, che significa anche poter dire «no ai matrimoni ed adozioni gay». Altrimenti la libertà di opinione si riduce a servile accomodamento a quello che il mondo (cosiddetto) progressista considera giusto. «No», continuano ad obiettare, «quello di cui si parla in quel convegno non può essere oggetto di discussione pubblica, figuriamoci patrocinata dalla Regione».
Per fortuna, nessuno scontro. Infatti, le sigle più radicali e gli antagonisti non erano presenti. Ad averli frenati, ci dice un militante, è stato il Pd milanese. Il quale, chiede a Renzi di non «cedere a compromessi, deve andare avanti: le unioni alla tedesca sono poca roba, ma meglio di niente». Anche a costo di far cadere il governo?, gli chiediamo. «Saprà trovare il modo di evitarlo», fa melina il nostro interlocutore.
Non c’erano i movimenti NoExpo, che il giorno prima avevano cercato di occupare l’Università Statale per poi ripiegare sul dismesso teatro Derby, a due passi da Piazza San Babila. Anche se, la sera precedente il convegno sulla “famiglia naturale”, un esponente dei Sentinelli di Milano è andato al teatro occupato per invitare i NoExpo. Anche noi, camuffati, eravamo ad ascoltarlo. «Quelle che verranno proposte – diceva da un palco improvvisato – sono teorie di avversione», promosse da un mondo «triste e truce» come quello proLife. L’appello, infine, suonava così: bisogna mobilitarci perché «questo è un tentativo di far rinascere il fascismo». Retorica? Forse. Almeno speriamo. Perché tra le signore e i signori in fila per un posto al convegno non abbiamo visto gerarchi, né reazionari. Madri e padri, piuttosto, come Paolo «venuto dall’Emilia per difendere la famiglia». Niente più e niente meno. Ma per la piazza no, sono «omofobi ed ignoranti». E se desiderare una società basata sul matrimonio tra uomo e donna significa meritarsi questi epiteti, allora sì, lo siamo. “Omofobi e ignoranti”. In piazza anche Ivan Scalfarotto: mi chiedo, nel caso in cui passasse il suo ddl, se saremo anche «criminali».
Una contro-contestazione al sit-in degli attivisti LGBT postata oggi su Facebook dalla pagina “Brigata Ratzinger”
Non è difficile chiarire ciò che all’autore di questo post sembra paradossale, ovvero: perché si pongono limiti alla libertà di espressione quando ad esprimersi è chi vuole, “niente di più e niente di meno”, “difendere la famiglia”.
Innanzitutto la logica della “difesa” quantomeno rinvia ad una violenza, ad un’esclusione, almeno quanto la logica della provocazione ad ogni costo dall’altra parte della barricata. La libertà di espressione, se ricondotta alla sua ispirazione più genuina, affonda le radici nel bisogno di scatenare nuove forze, non nel conservare quelle vecchie.
Non si può cadere dalle nuvole, e ignorare che qui siamo di fronte ad un semplice sofisma, utilizzato da coloro cui, consapevoli di vivere nella modernità con la coscienza sporca, non resta che appellarsi alla logica dei diritti per privarne gli altri.
Detto questo, non ho molta fiducia in un mondo “aperto, libero, progredito”.
Giuseppe, scrivi molto bene, i’m a big fan! In merito al contenuto di questo articolo, trovo paradossale il tentativo di presentare gli omosessualisti (come buffamente ci chiamate) per dei liberticidi. Al di là delle affermazioni di qualche manifestante esaltato, nessuno ha mai pensato di far vietare le marce, i convegni o quel che sia a favore della famiglia tradizionale. Per quanto mi riguarda, anche l’istigazione alla violenza e i comizi in cui si inneggia al razzismo devono essere ammessi. Tu (non c’è nemmeno bisogno di dirlo) sei liberissimo di sposare una donna, mettere al mondo dei figli e costituire un nucleo famigliare tradizionale. Mi pare invece che oggi dì sia ancora illegale per gli omosessuali sposarsi civilmente o adottare dei figli: possono convivere o crescere i figli che hanno avuto da altre relazioni, ma finchè una formulazione giuridica e delle concessioni equivalenti a quelle di cui godono gli eterosessuali non saranno loro garantite, resterà sempre un grave stigma sociale sulle loro teste.
Caro Giorgio, ti ringrazio per la stima! Non metto in dubbio che non tutti gli “omosessualisti” siano liberticidi, ma ho avuto esperienza sul campo che molti di essi lo sono. E il motivo è presto detto: alla mia domanda, “se difendo la famiglia tradizionale, sono omofobo?”, in più di una occasione – documentabile – mi è stato risposto “sì, lo sei.”. Questo è il punto, io ho il diritto di sostenere che l’adozione di bambini per le coppie omosessuali lede il diritto del bambino, e quindi chiedere che lo stato si batta per evitarne il riconoscimento giuridico. Senza essere stigmatizzato come omofobo. Perché io, i gay, mica li odio.
Ma la difesa della famiglia tradizionale è di per sé omofoba! Non c’è bisogno di odiare le donne, i neri o i queer per essere maschilisti, razzisti o omofobi, è sufficiente già pensare che il loro posto nella società sia un gradino più in basso rispetto a quello degli uomini, dei bianchi e degli eterosessuali. Li si discrimina perché si è inquietati dalla loro diversità, che mette in discussione i valori fondanti della società tradizionale (patriarcale).
Implicando che la nozione di famiglia sia un concetto nominalistico e non un’entità sociale definita.
Se anche però ammettessimo che la famiglia è nulla più che un lemma per abbellire il mero scambio di gameti, ciò ci permetterebbe di chiamare arbitrariamente famiglia qualsiasi cosa. Legittimando quindi una giurisdizione ad assegnare questo “lemma” a chi le pare a lei.
No, io non mi sento omofobo perché difendo la famiglia. Non ho problemi a farmi tagliare i capelli da un gay, ad averlo come amico o a pensare che possano stare assieme. Nè, assolutamente, sono inquietato dalla loro diversità.
Ritengo, tuttavia, che la società che voglio costruire debba considerare a proprio fondamento la famiglia fondata sull’unione tra uomo e donna. E che lo Stato debba sostenere conservazione ti tale unione (ovvero, anche far di tutto per rendere il divorzio un passaggio rapido – di fatto – riduce gli sforzi al mantenimento di una famiglia unita).
Avrò pur diritto a dir questo in piena libertà di pensiero? Avrò pur diritto di lottare per costruire la mia società, quella che io considero migliore? Così come te hai diritto di sostenere la violazione del diritto di un bambino ad avere padre e madre e quello di nascere (non so se sei favorevole all’aborto) in nome delle libertà individuali. Io spero che questo disegno di società non prevalga mai, ma che a farlo sia il mio.
Non sono razzista, sessista, maschilista o omofobo per questo. Sostengo solo le mie idee.
In fondo, mica puoi darmi del carnivoro-assassino solo perché la coscia di maiale la sogno ogni notte come un prosciutto….